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Alla Voragine di Monte Crabas

ATTIVITA’: SPELEOLOGIA
DATA: 14/03/2010
COMUNE: DOMUSNOVAS
LOCALITA’: MONTE CRABAS
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: VORAGINE MONTE CRABAS
ORGANIZZATORE   DELL’USCITA: Pier Luigi Melis
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Pier Luigi Melis, Gianluca Onnis, Ludovica Martorana, Pierluigi Buttu, Francesca Marras, Renato Bachis, Roberto e Piero Murenu. Tutti soci GSAGS
 
Grazie alla guida del vero “padrone di casa” delle montagne di Domusnovas, il mitico Silvestro Papinuto, in breve tempo abbiamo raggiunto l’ingresso della voragine, meta della nostra escursione.
Diciamo che non è proprio a due passi dalle auto, ma il sentiero da percorrere, parcheggiando a “Barraxiutta”, anche se tutto in salita, è piuttosto agevole.
Si raggiunge la sommità del monte, si svalica e si scende per una decina di metri, guardando la diga in fondo alla vallata di Riu Siuru, ma sempre rimanendo nel sentiero piuttosto marcato.
Mi preparo ad armare, anche se non ho mai visitato questa grotta.
Avrebbe dovuto farlo Fabio Angius, che il mercoledì precedente, in sede, aveva accolto con entusiasmo l’idea di ritornarci, ma a causa di un contrattempo non è potuto essere dei nostri.

L’ingresso è piccolo ed è ben visibile un rock di recente infissione.
E’ stato piantato piuttosto male ed escludo che faccia parte dell’armo di testa.
Infatti, a monte dell’apertura, a circa un metro e mezzo, sono presenti altri due rock, non nuovi, ma ottimi per piazzarci le nostre “orecchie di coniglio”.
Fraziono sul rock precario, ma in posizione ottimale per calarsi (mi riprometto di sostituirlo alla prossima occasione), ed entro, non senza qualche difficoltà, dal momento che, non conoscendo a cosa sto andando incontro, ho già tutta l’attrezzatura addosso.
Subito sotto, a meno di due metri, individuo altro rock.
Decido di frazionare senza ansa, dando disposizione che questo primo tratto venga percorso in libera con longes su corrimano.
Eseguito quindi il secondo frazionamento, vado giù per altri tre metri circa, in appoggio, ritrovandomi all’inizio di una sorta di galleria che si sviluppa alla mia sinistra, guardando l’ingresso.
In realtà, questo primo ambiente, è la parte superiore di una enorme frattura nella montagna, all’interno della quale si è formata questa cavità.
Comunque, avendo optato sin dall’inizio l’utilizzo di una corda da 80mt, decido di frazionare, per consentire agli altri di cominciare ad entrare.
Facendo attenzione, riesco ad individuare un punto della parete, dove posso legare un cordino e frazionare. La posizione è ottima perché mi consente di procedere in sicurezza fino a quello che sarà l’armo di testa per la successiva calata.
Eseguito quindi il frazionamento, lancio il mio “libera” ed aspetto che mi raggiunga Roberto.
Lo lascio a controllare il passaggio per chi potesse avere qualche esitazione nella progressione e proseguo il mio lavoro.
Passandoci affianco, non vedo tre fix sulla parete destra. Peccato perché un ulteriore frazionamento avrebbe facilitato la progressione in senso contrario, più tardi, al momento di uscire dal pozzo.
Arrivato sul bordo della calata, individuo la cinghia di trasmissione di motore, menzionata da Fabio nella sua precedente relazione; probabilmente veniva utilizzata per legare la corda, quando questa cavità era frequentata dai primi visitatori.
Sullo stesso masso, intorno al quale è posizionata la cinghia, sono ben visibili due rock in ottime condizioni e su questi decido di fare l’armo di testa per la discesa.
Ad appena due metri, in linea d’aria, proprio sulla verticale della calata, vedo due fix collocati in maniera ottima; per non sprecare materiale, trasformo l’armo di testa in semplice frazionamento ed utilizzo i fix come armo di partenza.
Mentre gli altri mi stanno raggiungendo,  inizio la discesa, praticamente tutta in appoggio, facendo attenzione a non “saltare” qualche ulteriore frazionamento, anche se apparentemente la direzione e decisamente verso il basso.
Arrivo ad una sorta di terrazzino e mi ritrovo vicino ad una stalagmite di notevoli dimensioni.
Penso sia quella intorno alla quale porre una lunga fettuccia per frazionare e proseguire la discesa.
L’ambiente ora si è allargato parecchio ed ho difficoltà a capire con certezza la direzione che devo seguire.
Per quanto precise le indicazioni di Silvestro e per quanto abbia prestato la massima attenzione, cercando di memorizzarle facendomi tutti gli schemi mentali del caso, come sempre, quando poi devi provare ad applicarli alla realtà della grotta, saltano tutti, ed allora cerchi di sfruttare tutta l’esperienza che hai per individuare qualsiasi traccia che lasci intendere un frequente passaggio umano.
Ma le tracce sono ovunque, probabilmente lasciate sui vecchi percorsi che con il tempo sono stati abbandonati per percorrerne nuovi e più sicuri.
Dal terrazzo sul quale mi trovo, ho tre possibilità e vorrei evitare di prendere la strada sbagliata, perché non siamo pochi e qualsiasi errore finirebbe per penalizzarci in termini di tempo di permanenza.
Ad alimentare i miei dubbi contribuiscono i numerosi segni di nerofumo e le scarburate sparse un po’ dappertutto.
Infatti, appena il tempo di decidere di scendere verso sinistra, dove maggiori sono le tracce di passaggio, che vedo un fix, anch’esso ottimamente piazzato sulla verticale della calata.
Intuisco che sia un frazionamento da utilizzare successivamente all’ancoraggio da eseguire sulla stalagmite poc’anzi citata e facendo attenzione, vedo sulla stessa, i segni tipici che lascia un moschettone quando sfrega sulla calcite.
Ok, la via è quella!
Resta il problema che, simulando il passaggio sul frazionamento della stalagmite, la corda, fino ad ora disposta in maniera eccellente, entra in contatto con la roccia nella parte alta, appena dopo l’armo di testa.
Ritengo che sia da escludere la possibilità di proseguire tralasciando il problema.
Otto persone che risalgono su una corda che “gratta” sulla roccia in questo modo, nella migliore delle ipotesi la rovinano; nella peggiore delle ipotesi… si rovinano la domenica.
Sempre lasciando come ultima ratio l’infissione di un rock (…operazione nella quale Gigi Buttu non vede l’ora di cimentarsi…) mi metto alla ricerca di un possibile ancoraggio per un armo naturale  ….. e lo trovo, proprio alla base della calata.
Ottimo.
Eseguito il frazionamento e liberata la corda dal mio peso, do ancora una volta il “libera” e proseguo finalmente con l’attrezzamento della via.
Fettuccia abbondante (almeno 2,5 metri) intorno alla grossa stalagmite,  ed eseguito il frazionamento, mi proietto verso il già citato fix, sperando che sia quello che ci consenta di arrivare sino alla base della voragine.
A prima vista, il frazionamento che ne scaturisce potrebbe dare delle difficoltà in fase di “slongiamento” ma posso constatare che facendo una bella opposizione in spaccata, si riesce ad eseguire agevolmente la manovra.
Se poi qualcuno si rivelerà poco flessibile nella rotazione dell’anca …. pazienza.
Si inventerà qualcosa (…io le cose le ho spiegate…).
Del resto… mica siamo venuti a pettinare bambole!

Come speravo, il fix mi consente di andare giù senza necessità di frazionare ulteriormente ed in un attimo sono alla base del salto.

Mi sposto dalla verticale e comincio a visitare la cavità, che, nonostante sia comunque una frattura impostata a circa 45° si rivela essere una bella voragine, ampia e ben concrezionata.
Seguendo le indicazioni di Silvestro, provo a cercare i rami nuovi, che lui descrive come riccamente concrezionati e quindi molto più meritevoli di una visita, rispetto al resto della cavità.
Non trovo altri passaggi significativi ed allora mi dirigo dalla parte opposta, verso la enorme colonna che domina la parte più ampia della voragine.
E’ eccezionale. Sembra messa li di proposito, a vigilare il passaggio verso la seconda parte della cavità.
Oltre la colonna il pavimento va giù e per proseguire bisogna sfruttare alcuni chiodi (due rock ed un fix) ben visibili sulla concrezione, che qualcuno, a mio parere con poca sensibilità, ha provveduto a conficcare. Penso che si sarebbe potuto studiare un altro passaggio senza grossi problemi.
Accidenti agli speleologi dal “chiodo facile”!
Stando davanti alla colonna, guardando alla mia sinistra, noto un passaggio sul pavimento, dentro il quale è posizionata una sbarra in ferro. Ne deduco che è una ulteriore prosecuzione e la sbarra, posta di traverso, è li per agevolare la discesa.
Avendomi raggiunto i primi degli altri, decido di provare a passare in libera, con Gianluca che mi fa assistenza, avendo cura però di legare una corda alla sbarra, da usare in caso avessi incontrato difficoltà per tornare su.
Il tutto è molto più semplice di quanto sembrasse; mi ritrovo alla base del salto sotto la colonna, avendo conferma, se ne avessi avuto bisogno, che i chiodi sopracitati sono stati messi con troppa disinvoltura…
Gianluca mi segue e con lui, riprendo ad esplorare la cavità, che è possibile percorrere sia in profondità che verso il basso.
Ora gli ambienti cominciano a restringersi e decidiamo di scendere verso il basso, sopra dei blocchi di crollo, mentre il soffitto si abbassa.
Seguendo le tracce lasciate dai precedenti passaggi, ci incuneiamo dentro la frattura, scivolando tra i blocchi, minacciosi ma ormai stabili, bloccati dal concrezionamento  della calcite.
Sempre e comunque attenti a dove mettiamo i piedi!
L’ambiente mi è parecchio familiare e ricordo di averne visitato uno simile alla Rolfo.

In un punto, sulla destra, la frattura si allarga, creando un dislivello di circa quattro metri.
Sono ben visibili quattro spit rock, di cui due nuovi, che consentono di armare una calata.
Al momento siamo senza corde e quindi proseguiamo in libera dalla parte opposta, sulla destra, seguendo ancora le tracce di nerofumo ed anche le numerose scarburate.

Ora l’ambiente continua ad avere la stessa tipologia, ma comincia ad essere riccamente concrezionato: stalattiti, cannule, eccentriche ed aragonite cominciano ad addobbare le pareti intorno a noi; ne deduciamo che siamo finiti proprio dove Silvestro ci consigliava di andare.
Ok.
Abbiamo perlustrato abbastanza.
Decidiamo di tornare indietro per stabilire con gli altri, dove proseguire la visita.

Risaliamo tra i blocchi di frana ma in un passaggio esito sulla scelta della direzione da seguire.
Poco male…. Gianluca è stato più attento di me è mi indica la prosecuzione (…niente male per un ex-corsista! ).
Raggiungiamo il passaggio con la sbarra , con grande facilità risaliamo in libera e ci uniamo ai nostri compagni che nel frattempo avevano tutti terminato la calata.                                                                         

Si decide di armare sulla colonna e di cercare il passaggio per la prosecuzione della voragine come rappresentata nel rilievo.

A questo punto, avendo precedentemente perlustrato la via verso il basso, proseguo mantenendomi in quota fino a trovarmi a percorrere un sentiero ben marcato che sale leggermente per poi scendere fino al bordo di una voragine: è il passaggio.
Ma quello che vedo non mi lascia per nulla tranquillo.
Il passaggio è largo e la calata sembra tutta in appoggio, ma quello che sta a monte del piano inclinato non mi piace per niente.
Quello che vedo è un ammasso di pietre e terra che sembra voler andare giù da un momento all’altro: pessima situazione.
Due rock sul una roccia al limite della voragine, confermano che il passaggio è quello, ma ormai ho già maturato l’idea che li dentro io non entro ed anche tutti gli altri la pensano come me.
Anche Francesca, che per questioni di tempo, nella sua precedente visita non era potuta scendere, è concorde nel ritenere che entrare in quell’imbuto sia una scelta azzardata.
Lancio una pietra contro il muro di detriti e viene giù un bel po’ di materiale…
Non escludo che ci sia stato un recente cedimento che abbia cambiato la consistenza del passaggio; questi ultimi anni di pioggia stanno facendo considerevoli stravolgimenti nelle zone fangose delle cavità dell’iglesiente…. Cuccuru Tiria insegna….
Comunque è decisamente meglio lasciar perdere!

Facciamo una pausa e tra noccioline e frutta secca, optiamo per ripercorrere i passaggi precedentemente visitati da me e Gianluca.

Mi libero degli attrezzi ed insieme agli altri mi infilo ancora nella frattura.
Qualcuno dubita della stabilità dei massi, ma si prosegue con determinazione fino ad andare oltre il punto raggiunto prima.
Le concrezioni cominciano a ripagarci della scelta ed in breve, superata ancora qualche strettoia, la frattura assume una direzione quasi orizzontale, creando degli ambienti bassi, ma ancora più ricchi di concrezioni.
Sono dei veri e propri scrigni e sebbene la maggior parte delle stalattiti è stata “macellata” dai tagliatori, la visione è veramente spettacolare!

In apparenza sembra che si possa andare ancora avanti, verso altri ambienti, ma siamo d’accordo che ci possiamo ritenere soddisfatti della visita e quindi si torna indietro.

Arrivati alla base della prima via da risalire (quella sulla colonna), i fratelli Murenu si offrono di disarmare: ottimo!
Per due motivi.
Il primo è che non ho molta voglia di stare ancora per lungo tempo sull’imbrago.
Il secondo è che mi fa sempre molto piacere quando qualcuno mi chiede di disarmare,  perché ritengo che sia una operazione attraverso lo svolgimento della quale si imparano davvero tante cose sulle tecniche d’armo e si diventa padroni di queste in minor tempo.

La risalita procede senza intoppi, i componenti della squadra sono tutti alquanto “navigati”.
Io e Piero facciamo assistenza a Roberto, che procede spedito; ed in breve tempo siamo tutti fuori dalla voragine.
Ad onor del vero, qualche difficoltà in uscita la incontra Roberto…. ma lo tranquillizzo.
E’ un prezzo da pagare per tutti quelli che disarmano: non è mai facile tirarsi fuori da un pozzo con addosso qualche chilo di PLG, anelli, placchette e, nelle gambe, la fatica della permanenza di qualche ora in grotta.

Prendiamo il sentiero per tornare alle macchine che, anche se in discesa, brucia comunque sui quadricipiti già provati dalla progressione in frana.

Comunque arriviamo al parcheggio che ancora non è arrivato il buio e con grande piacere troviamo ad attenderci Silvestro con tanto di fuoco acceso.

E’ vero… le giornate si allungano e la primavera è imminente, ma l’umidità che ti avvolge al calare della sera, ricorda che l’inverno non è finito e che potrebbe riservarci ulteriori “colpi di coda” ed il tepore di un fuoco è ancora un piacere da assaporare insieme ad un bicchiere di vino rosso.

Conclude la giornata uno splendido cielo stellato che ci regala il buio di Barraxiutta.

Bella giornata.

Bella compagnia.

Alla prossima.

Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia

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