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17 ore sotto i calcari di Genna Silana
ATTIVITA’: Speleologia
DATA: 19/20-07-2008
COMUNE: Urzulei
LOCALITA’: Genna Silana
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Grotta "Su Aunei", nota "Imene"
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Filippo Aresu
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Filippo Aresu, Pierluigi Melis, Lucio Mereu, tutti GSAGS
Visto che è stato incaricato il sottoscritto della relazione di questa escursione, che a me piacerebbe più chiamare "Avventura", cercherò di accontentarvi e rendere partecipi anche voi, per quanto mi sarà possibile, di questa esplorazione, sia da un punto di vista prettamente documentale e, perchè no, anche umano.
E' stata programmata questa escursione da un più che ottimista Filippo, malgrado le notizie poco confortanti riguardo lo stato del sifone che, l'ultima squadra arrivata in loco, dava ancora con una certa quantità d'acqua, non molta, certo, ma abbastanza da rendere molto problematico, se non addirittura impossibile un eventuale attraversamento in quella situazione e in quel momento.
Questo, e il fatto che all'ingresso l'aria fosse praticamente zero, avvisavano che, nonostante l'acqua molto bassa, chi volesse attraversare avrebbe dovuto fare, anche se di pochi centimetri, una piccola apnea.
Naturalmente, subito dopo l'esposizione della scheda, facciamo un piccolo briefing, in cui decidiamo di tentare l'attraversamento del sifone con gli opportuni accorgimenti e confidando sulla buona sorte che, nel giro di una settimana, l'acqua sarebbe ulteriormente calata. In ogni caso questo ci ha comportato un' aggravio nel peso dell'attrezzatura che avremmo dovuto trasportare, consistente in eventuale muta e un ulteriore cambio completo per il post-sifone, onde poter proseguire con l'esplorazione in condizioni più confortevoli.
Alla fine di tutto, i partecipanti, per questa volta, saranno solo tre. Un numero non ottimale ma sufficiente per effettuare l'escursione, (pensavamo!!), finché, al parcheggio di Genna Silana, organizzando i sacchi, ci siamo accorti che avremmo dovuto portare tre sacchi belli ciccioni e pesantissimi più… un'altro sacco (?) anche se più leggero. Abbiamo provato a ricontarci, ma il risultato era sempre… tre.
Compiamo i circa due chilometri che ci separano dall'ingresso, alternandoci con il trasporto del quarto incomodo e lì,. graditissima sorpresa, ci accorgiamo che dall'inboccatura soffia un bel getto consistente di aria freschissima. La prima cosa che abbiamo pensato è stata che, anche se ci saremmo bagnati, almeno l'apnea era scongiurata.
Arriviamo alla base dell'ultimo salto, nei pressi del sifone, in circa un'ora e mezzo e lì sentiamo Filippo che, davanti a noi, gasatissimo, ci grida che non solo nel sifone non c'è una sola goccia d'acqua, ma è anche bello asciutto e stirato. Naturalmente, da buoni amici, non crediamo una sola parola di tutto ciò, pensando che almeno una bella pozzangherona fangosa in cui infradiciarci tipo maiali supramontani l'avremmo trovata. Arrivati sul posto, invece, constatiamo che il buon Filippo aveva detto proprio il vero. Non solo non c'era una goccia d'acqua, era proprio asciutto. Cominciamo subito a pensare che il nostro amico abbia avuto, o doti divinatorie nel volere fortemente organizzare l'escursione, oppure abbia il più gran cu.. di questo mondo; naturalmente optiamo per la seconda possibilità, ma su quest'ultimo punto non abbiamo insistito molto perchè ci rendiamo conto che questa volta il gran cu.. l'abbiamo avuto tutti.
Il sifone asciutto, naturalmente, ci ha fatto riconsiderare la configurazione dell'equipaggiamento per il proseguo dell'escursione. Passiamo con l'attrezzatura standard e lasciamo al pre-sifone l'equipaggiamento ormai inutile. Il risultato è stata l'eliminazione del quarto incomodo e una minore perdita di tempo nei cambi.
L'inizio del viaggio, che da quel momento ci avrebbe portato all'ultimo punto esplorato precedentemente, è stato subito segnato da due piccoli incidenti senza nessunissima conseguenza: una storta da parte di uno e un'immersione non voluta sino alla vita da parte di un'altro per evitare che le preziose batterie finissero in acqua. Due piccoli fatti che ci hanno fatto ricordare che, specialmente da quel punto, si sarebbe dovuto procedere con moltissima prudenza perchè anche un piccolo inconveniente avrebbe potuto trasformare un'avventura in un incubo.
Durante il viaggio sostituiamo alcuni moschettoni ormai bloccati e pieni di ossido con delle maglie rapide e rivediamo anche l'assetto di qualche armo non proprio a regola. E' stato fatto qualcosa ma resta ancora molto da rivedere sugli armi, iniziando dalla prima parte della grotta.
Arriviamo all'ultimo punto esplorato, ai bordi di un pozzo non ancora disceso, che abbiamo chiamato "Del Piantaspitt" in quanto, proprio al sottoscritto, era sfuggito, cascando di sotto; il piantaspit nuovo nuovo di Ricardino M., di cui andava tanto orgoglioso e a cui non aveva fatto in tempo a dare neppure una zaccata di martello.
Ci siamo subito resi conto che per armare quella discesa avremmo dovuto bonificare la base del terrazzino che era formato da delle molto particolari rocce di concrezione a forma di palle che andavano dalle poche decine di centimetri a qualche metro, unite da una malta molto fragile di concrezione stessa, che le faceva sembrare una sorta di profiterole, il famoso dolce, di cui avevano a mio parere anche la stessa stabilità. Se poi consideriamo che sotto c'era il vuoto…
Ci accorgiamo, dopo un bel po' di lavoro, che mettere in sicurezza quel sito era un lavoro quasi impossibile, per cui decidiamo di proseguire armando un corrimano alto che ci avrebbe allontanato da quel punto pericoloso. Così ci siamo allontanati di qualche metro per poter organizzare l'armo di discesa.
Così è stato fatto, aiutati da una buona roccia, sino al frazionamento su uno spuntone in cui ci rendiamo presto conto che sicuramente sarebbe stato preferibile proseguire ancora di alcuni metri il corrimano. Decidiamo di proseguire comunque la discesa considerando quello un "armo esplorativo" che tradotto in parole povere vuol dire che quell'armo fa schifo e che la prossima volta che si passerà di la, bisognerà per forza rifarlo.
Il pozzo si rivela più profondo di quanto lo si era valutato inizialmente. Cannato alla rande! Invece che circa otto metri, circa 18 m. Persino la valutazione sulla prosecuzione della condotta, che sembrava proseguisse in piano per poi svoltare a destra è risultata completamente errata.
Questo fenomeno di valutazione così grossolanamente sballata, col senno di poi, si è capito dovuta a un grosso accumulo di quelle merdose rocce instabili a forma di palle che partendo dalla base del pozzo, si innalzavano per parecchi metri facendo percepire all'occhio una visione piatta e meno profonda del fondo della condotta. Comunque, alla base del pozzo, solennemente adagiato su una roccia, stava il piantaspit nuovo di Ricardo, ormai vecchio di un anno, ma pieno di esperienza, che ci osservava e rideva di noi. Lui aveva visto tutto ciò che era successo in quei luoghi durante l'inverno mentre noi poveri mortali, possiamo solo sognarlo. Comunque, per dispetto, l'abbiamo tolto da quella posizione di privilegio per renderlo al suo legittimo proprietario.
Proseguiamo il cammino su quelle rocce pericolosissime, in cui sembra di camminare sulle uova, facendo attenzione a non romperne nessuna, in direzione pressoché diritta e in regolare discesa, sino ad un secondo pozzo di una quindicina di metri.
Armato anche questo, si prosegue sempre sul profiterole, se vi piace dolce, o sulle uova se vi piace salato, in una condotta larga circa sei metri, piuttosto alta, e con una pendenza di circa 30°.
Questo finchè, nei pressi di una grossa stanza, sempre Filippo, non ci avvisa che la grotta sembra proseguire su ben due diramazioni.
Ad essere sincero, questo fatto non è che mi abbia fatto fare grandi salti di gioia, forse sull'esperienza di altre situazioni simili.Quando una grotta, piuttosto diretta, in una fase ancora acerba, inizia a incasinarsi in quel modo è indice che sta per dirti qualcosa, bello o brutto che sia.
Inizio ad esplorare il ramo più in linea rispetto all'asse tenuto sinora dalla condotta, mentre Gigi vedo che inizia a scendere per una condotta molto ampia, circa sette o otto metri in forte inclinazione che si trova sul lato sinistro della stanza, sempre tra le onnipresenti palle instabili che sinceramente iniziano a prendere veramente alle palle.
Per quanto riguarda la direzione da me presa, trovo Filippo che già sfruguglia fra le rocce basse e, a quanto pare, senza grandi risultati. Decido quindi di esplorare le vie più alte, visto anche che da lì proveniva un'invitante ruscelletto di acqua limpidissima. In quei punti, le rocce, avevano tutta un'altra consistenza; erano compatte e ben lavorate dall'acqua. Poco più avanti iniziavano delle grosse e molto belle colate di calcite da cui precipitava il ruscelletto.
Capii che probabilmente mi trovavo alla presenza di un ramo affluente che portava decisamente verso l'alto sempre in maniera più ripida sino a diventare una vera parete.Guardando però bene verso l'alto, sin dove poteva spingersi l'elettrico, una trentina di metri sopra, m'è parso di notare delle prosecuzioni che varrebbe la pena di andare a vedere, naturalmente attrezzando una risalita in artificiale. Decido comunque di risalire per un pezzetto quelle grosse colate seguendo l'acqua che, ho notato, arrivava da dietro un grosso roccione sulla destra. Sono quasi arrivato al punto, ma ho preferito rinunciare, senza una dovuta assicurazione, in quanto non riuscivo più a vedere gli appigli per ridiscendere.
Decidiamo di andare a raggiungere Pierluigi. Dall'alto lo vediamo immerso in una specie di alone blu e una nebbiolina dello stesso colore che lo avvolgeva.
Penso subito che, o hanno fatto il nostro presidente santo da vivo, il che sinceramente mi sembrava molto difficile, oppure stava solo puntando l'elettrico su uno specchio d'acqua e l'alone che lo avvolgeva non era dovuto alla sua aureola ma da un più terreno sudore che evaporava dalla sua tuta sudata. In effetti ci trovavamo alla presenza di un laghetto limpidissimo con un fronte di circa dieci metri, fondo sabbioso ed una profondità che andava dal metro al metro e mezzo; sopra, un tetto di roccia compatta e bianca. Un sifone!!
Ammiravamo in silenzio quel laghetto bellissimo senza nessun piacere, pensando: <Fine della grotta>. In effetti, ci siamo subito ripresi, iniziando a cercare un in giro per vedere se riuscivamo a trovare un by-pass al sifone. Non siamo riusciti a trovare nulla di evidente e quindi decidiamo di interrompere momentaneamente l'esplorazione anche perchè, guardando gli orologi, ci rendiamo conto che si era fatto molto più tardi di quanto avessimo pensato.
Riprendiamo la via del ritorno molto delusi e un po' demoralizzati, ma non per questo abbassando la guardia sulla prudenza che anzi, in quella situazione e dopo molte ore di grotta, doveva essere ancora maggiore.
Arriviamo al primo sifone che erano le due e mezzo del mattino. Ricarichiamo le attrezzature che avevamo lasciato lì, e i sacchi ridiventano nuovamente quattro e pesantissimi. Riprendiamo la via dell'uscita, dopo un breve spuntino, che sono ormai le tre e mezza passate. L'umore è già molto migliorato e si rincominciano già a fare ipotesi e piani per le future esplorazioni.
Usciamo che il sole è già alto; sono le sette e un quarto del mattino. La nostra escursione, osserviamo meravigliati, è durata ben diciassette ore. Una mezzora buona per riguadagnare le macchine, altre due per disfare i sacchi, rimettere apposto le attrezzature, lavarci un po' per riprendere le sembianze di esseri umani e poi, via verso monte Lopene dove, alle dieci e mezzo del mattino, dei turisti allibiti vedono tre matti che mangiano carne e formaggio, beveno birra e cannonau. Si astengono comunque dal fare commenti.
Piazziamo i sottoteli delle tendine dopo aver diligentemente letto un cartello che lo proibiva espressamente, e ci facciamo due belle orette di sonno.
Rinvigoriti da un ottimo cafè preparato dal presidente, riprendiamo il viaggio verso casa, non senza prima fermarci al Baricentro per gustarci tre belle palle di gelato in una coppa ghiacciata. Almeno queste, di palle, erano commestibili. L'umore era ritornato alle stelle e i progetti di nuove future esplorazioni fiorivano.
Le conclusioni di questa escursione sono più che ottimistiche per il futuro esplorativo di questa bellissima grotta.
L'aria che si nota consistente, nei punti stretti, anche poco prima del sifone finale fa presupporre un by-pas aereo al sifone e, quanto meno, altre vie indipendenti che portano verso punti molto bassi della montagna. Per raggiungerle, probabilmente, non bisognerà tralasciare proprio esplorazioni di zone più alte che, a mio parere, devono essere effettuate al più presto. Questo perchè, nel caso più che auspicabile che il sifone, tra un mesetto, possa essere anche asciutto, permettendoci così di andare avanti, perderemmo comunque di seguire l'aria alta che ci permetterebbe di continuare le esplorazioni anche quando il sifone finale è ancora allagato.
Naturalmente, prima di fare ciò, bisognerebbe rivedere bene tutti gli armi sin dall'inizio della grotta, fare il rilievo delle ultime parti e, perché no, dare anche una bella botta a quella dannata diaclasi iniziale.
Lavoro ce ne è per tutti e le bellezze incontaminate di questa grotta, come quelle di altre, magari anche più piccole, ci aspettano. Ci vuole solo passione!
Categoria: Attività, Speleologia