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Esplorazione SpeleoSub Monte Aunei

Organizzatore escursione: Lucio Mereu;
Tipo: Speleo, documentazione fotografica, speleo-sub;
Grotta: M. Aunei (Imene);
Località  e comune: Genna Silana, Urzulei;
Partecipanti all’escursione: B. Renato, F. Cristina, G. Andrea, M. Pierluigi, M. Lucio, M. Riele, T. Carlo, T. Tore (C.A.I.)

Mi sembra doveroso rendervi partecipi, con questo scritto, dell’esperienza vissuta, che non è solo mia e della squadra, ma di tutto il G.S.A.G.S. che ha reso possibile, a vario titolo, anche con le precedenti esplorazioni, tutto questo.
Se volete, vista la lunghezza, potete leggerla a puntate o una riga sì e una no 🙂

È da quando s’arrivò, dopo tante peripezie, al secondo sifone, che ci si chiedeva tutti che piega avessero mai preso le future esplorazioni di questa grotta.
La presenza di questo ostacolo all’inizio ci ha un po’ demoralizzati ma, in seguito, la passione ha prevalso sostituendosi con nuove domande e progetti alla delusione iniziale.
Si è subito capito che l’esplorazione di questa bella grotta era ben lungi dall’essere arrivata alla conclusione.
C’erano innanzi tutto moltissimi punti di possibili prosecuzioni, (ne abbiamo conati almeno sei o sette) e poi, il sifone stesso, non era detto che non avrebbe potuto riservare ulteriori possibilità.
Ci si poneva però, a proposito di quest’ultimo, moltissime domande che dovevano essere verificate.
Si poteva bypassare?
Si sarebbe mai potuto vuotare … e magari forzarlo con una disostruzione?
Eventualmente, si sarebbe potuto passare in apnea?
Alla prima domanda credo che si sia già giunti alla risposta, anche se non è detta mai l’ultima parola, e cioè che, al momento, non è dato di pensare possa esserci la possibilità di bypass.
Per rispondere a tutti gli altri begli interrogativi, invece di limitarci alle sole congetture, c’era una sola cosa da fare: andare a vedere cosa c’era sotto quell’acqua e quella roccia.
Da preliminari esplorazioni con fasci di luce potente, sembrava che la profondità  del sifone fosse bassa, che l’ingresso fosso molto stretto e insidioso e, soprattutto, cosa peggiore, l’acqua fosse soggetta a intorbidirsi, fino a visibilità zero, ad ogni più piccolo movimento.
Bisognava perciò mettere la testa sotto e vedere con i propri occhi e, mentre io già pensavo ad un’immersione preliminare vera e propria, il buon Pierluigi mi precedette con un immersione in apnea.
In quell’occasione, anche se questa fu fatta con attrezzatura minima, praticamente zero, solo maschera e costumino … ( pitticcu su friusu!! ), riuscì a vedere che qualche minima possibilità di passaggio sembrava esserci; buono a sapersi, anche se a dire il vero non si era sicuri nemmeno se fosse un vero sifone.
Incoraggiato  ancor più da questo, pensai di organizzare una vera immersione preliminare con attrezzatura completa configurata speleo sub.
Essendo già la stagione avanzata e si prospettava, date le piogge, l’innesco del primo sifone, decidemmo di rimandare tutto a quest’anno.
Preparai l’attrezzatura e organizzai l’escursione già da appena si disinnescò il sifone, cosa che quest’anno avvenne piuttosto tardi. L’aria soffiava impetuosa dall’ingresso, avvisando che lei era pronta a farsi rompere le balle, anche quest’anno, da quel gruppo di fissati che rasentavano un caso psichiatrico.
Quelli che però non erano mai pronti eravamo proprio noi.
Per una serie di motivazioni più o meno serie, più o meno reali; alcune però davvero molto gravi e anche tristissime, questa immersione non si riusciva davvero a portarla a compimento.
Non riuscivo a trovare un numero sufficiente di speleologi per portare a compimento questa esplorazione preliminare conoscitiva del sifone.
Finalmente, poche settimane fa, riuscii a coinvolgere mio fratello Riele e Tore Tronci del C.A.I., operatore della sezione alpina del soccorso.
Insieme, in’un escursione di ben quindici ore, siamo riusciti a portare, carichi come muli, buona parte dell’attrezzatura e in più rivedemmo alcuni armi difettosi o/e usurati.
In quell’occasione feci anche un’altra immersione preliminare in apnea per rendermi conto personalmente dell’attrezzatura adatta alle problematiche di quel sifone.
Notai che effettivamente, come detto da Pierluigi, c’era  davvero una possibilità di passaggio, almeno iniziale. Essendo poi, dotato di attrezzatura completa, a parte le bombole, sagolatore e ammennicoli vari tipici dell’attrezzatura speleo-sub, riuscii ad addentrarmi molto più affondo, notando così che, oltre la parte iniziale, il sifone sembrava allargare, rendendo così meno problematica l’esplorazione futura, anche se c’era sempre il problema dell’intorbidamento molto repentino dell’acqua.
Due settimane più tardi riuscii a radunare una squadra di speleologi motivati che formassero l’equipe tecnica di supporto e di documentazione all’immersione vera e propria; quella elencata in questa relazione.
Optai, per l’occasione, visto che non si conoscevano le reali condizioni e difficoltà del sifone, per un’attrezzatura che non lasciava veramente spazio ad una immersione lunga; doveva essere del tipo mordi e fuggi, ma che desse più libertà di movimento in caso di ambienti molto angusti, e nel contempo fornisse le informazioni necessarie ad un’eventuale seconda escursione.
Predisposi un bi-bombola da quattro litri, configurazione speleo-sub a duecentoquaranta bar, e un paio di pinne cortissime che ricavai tagliandone un paio acquistate a buon prezzo, sagolatore, gentilmente prestato da Fabrizio Atzeni (!!) e un G.a.v.  alleggerito speleo, anche questo offerto in prestito dal buon Valerio Tuveri che, oltretutto, mi ha dispensato una buona serie di consigli e di avvertimenti (mai sufficienti!).
Vista la mia scarsa esperienza speleo sub (non posso considerarmi, a dire il vero, nemmeno uno speleo sub, anche se ho avuto già esperienze in sifone, comunque mai d’esplorazione in prima), mi son messo alcuni puntelli che non avrei mai dovuto superare, tipo non proseguire se non avessi avuto un buon margine per potermi rigirare con comodità, o non sufficiente visibilità, più alcune regole dettate dal buon senso.
Doveva essere, quindi, solo e davvero un’escursione preliminare e conoscitiva, anche se, in cuor mio, speravo però di riuscire a passare dall’altra parte. Per poter fare ciò però, con quel tipo di attrezzatura, il sifone doveva essere necessariamente breve e poco profondo.
La squadra, in due gruppi separati, si riunì puntuale nella foresta di M. Lopene la sera del 04/09, e l’indomani mattina, dopo una ricca colazione, alle dieci stavamo a Genna Silana infilandoci in quello sfintere di ingresso che è la grotta di M. Aunei.
C’erano delle new-entry di questa grotta come Andrea G. e Renato B.
Il primo uno speleologo d’esperienza nonché soccorritore, e il secondo con un breve curriculum ma fortemente motivato a dare una mano e farsi le ossa in una grotta complessa e con un discreto livello di difficoltà.
Avevamo anche un rappresentante del gentil sesso come Cristina già scafata da più esperienze in questa cavità, un Tore T. della sezione soccorso alpino del CAI anche lui con due esperienze in questa grotta e mio fratello Riele ormai un veterano di M. Aunei. Per ultimi, ma non ultimi, Carlo T. e Gigi M., due esperti delle esplorazioni di questa cavità, che si sarebbero occupati di riprese e fotografia nel quadro di completamento della documentazione di Imene.
Abbiamo impiegato circa tre ore e mezza per portare tre sacchi di attrezzatura per l’immersione più altri due per il materiale fotografico e riprese, con un’andatura non velocissima ma costante.
Giunti in prossimità del sifone (profondità -260m), breve spuntino e poi più  di un’ora per sballare tutto e prepararmi per la vestizione dell’attrezzatura, cosa a cui hanno collaborato tutti con volontà ed efficienza. In quell’occasione, ho rilevato con disappunto un abbassamento della pressione di circa trenta bar in una bombola dovuto forse all’allentamento di un rubinetto, probabilmente già un po’ difettoso, durante il trasporto. Gigi e Carlo preparavano intanto il loro piccolo set sulla riva del laghetto del sifone.
Finalmente il momento dell’immersione era giunto.
Avevo previsto, con l’aria a disposizione e con una profondità che non avrebbe secondo me dovuto superare i 5 m. una progressione in avanti, sagolando, per circa dieci minuti.
Naturalmente, secondo “la regola del terzo”, il calcoli andavano realmente eseguiti non in base al tempo trascorso ma in base alla pressione.
Il primo punto di fissaggio della sagola è stato un po’ un problema a causa dell’acqua molto bassa che si è subito intorbidita e facendomi eseguire un lavoro poco accurato, anche se nella realtà la sagola era ben fissata all’esterno del sifone.
L’ingresso, alla base della parete di roccia, era piuttosto basso, e le bombole hanno un po’ raschiato il soffitto; la larghezza era più che sufficiente.
Più  avanti il sifone ha preso un andamento sub orizzontale, curvando verso sinistra e seguendo quindi l’andamento iniziale  della larga galleria pre-sifone. La larghezza della condotta si è fatta subito molto ampia, probabilmente anche più dell’ambiente pre-sifone, mantenendo un’altezza di circa due metri in aumento. L’acqua cristallina e la visibilità ottima mi permettevano di vedere per molti metri davanti. Più oltre, la galleria aumentava sensibilmente la sua pendenza verso il basso, mentre il soffitto tendeva ad abbassarsi di poco, facendo così aumentare l’altezza della sezione.     La roccia era riccamente lavorata, con grosse porzioni che, pendendo dall’alto, intasavano la galleria, creando dei restringimenti sul fondo e ai lati e, costringendomi di fatto, data la larghezza importante, a dover cercare letteralmente il passaggio per la prosecuzione. Il fondo e il lato destro erano dominati da grandi depositi di sabbia bianchissima che tendevano però a sollevarsi molto facilmente se toccati, rischiando di portare la visibilità a zero nel giro di pochi secondi. Il lato sinistro non era ben delimitato.
Il tutto, sembrava un ambiente fiabesco, immerso com’era in una luminosità quasi fosforescente verde-azzurrina; bellissimo!,
Sembrerebbe fosse trascorso moltissimo tempo ma i minuti di immersione, al momento, non potevano essere stati più di cinque.
Dopo il secondo o il terzo frazionamento, successivo a quello nel lago, la galleria acquistò una pendenza maggiore portandomi circa ad una profondità di otto, dieci metri. Il fondo si intravvedeva buio con un abbassamento significativo del soffitto dovuto a un roccione; il lato destro, più in’alto, rimaneva libero formando una fessura lunga, ma ampia non più di un metro e, in mezzo, un banco di quella sabbia bianchissima, ma con la consistenza del borotalco.
Mentre mi apprestavo ad eseguire un ulteriore frazionamento, proprio in prossimità di quel restringimento,  ho sentito la sagola che scorreva tra le mie dita diventare durissima e poi bloccarsi, portandomi a compiere, probabilmente, dei movimenti  un po’ disordinati che, in quel punto più stretto, hanno portato immediatamente la visibilità a zero.
Portandomi la mano sul fianco per cercare il corpo del sagolatore, non ne ho sentito più la presenza. Pensando che questo si fosse staccato, senza speranza di ricuperarlo, data la visibilità zero, ma ritrovandomi comunque con la sagola guida sempre in mano, ho potuto tornare indietro sino al precedente frazionamento dove la visibilità era nuovamente ottima. Lì ho provveduto a rinforzare ulteriormente l’armo e a tranciare il filo in eccedenza che portava al sagolatore disperso.
Poi, capii che il corpo del sagolatore era ancora saldamente fissato a me, ma nel torbido, solo al tatto,  non lo riconoscevo come tale in quanto da esso, per un guasto incredibile, si era staccata tutta la bobina del filo con il suo perno, rotolando giù chi sa dove nella profondità buia del sifone.
Ho dovuto necessariamente interrompere l’immersione che, comunque, non sarebbe potuta durare ancora lungo in quanto la pressione era quasi giunta al secondo terzo anche nell’altra bombola. I consumi erano stati più alti del previsto.
Ho ripreso quindi la via del rientro rivedendo finalmente gli amici che mi aspettavano. Quelle brutte facce non mi sono mai apparse più  belle (solo per un attimo!).
Riimballato tutto quanto, abbiamo ripreso faticosamente la via del ritorno, portandoci dietro tutta l’attrezzatura portata quel giorno, più la precedente.             
Siamo usciti dalla grotta che erano quasi le due del mattino e, dopo aver selezionato più ho meno le attrezzature, io, Riele, Andrea e Cristina, abbiamo ripreso la via del ritorno, mentre la rimanenza del gruppo ha preferito trascorrere il resto della nottata, nella pineta di Lopene.
Concludendo, penso che questa immersione,  anche se molto breve (poco più di dieci minuti), abbia raggiunto gli scopi che si era prefissati permettendoci così di avere risposta a molti degli interrogativi che ci eravamo posti.
Pur non avendo superato il sifone, abbiamo capito che questo non potrà essere passato in apnea e non può essere forzato, ne vuotato. Resta ancora, anche se un po’ fantasiosa e remota, la possibilità, data la bassa pendenza del soffitto, che con l’ulteriore protrarsi dell’importante abbassamento giornaliero dell’acqua, tra qualche tempo, se non vi saranno piogge significative e il primo sifone ce ne dia il tempo, ecc. ecc. ecc., questo secondo sifone, magari a fine ottobre, possa trasformarsi in un lago; fantascienza? Penso di sì, ma …
Restando con i piedi per terra, credo che il sifone, dati gli ampi ambienti, possa essere superato con un’attrezzatura più idonea. Certo, la profondità è sicuramente superiore ai dieci metri e la lunghezza non sappiamo ancora quanto sia, ma credo che la questione sia fattibile.
Spero, dopo tanta fatica, di avere ancora la possibilità  di ritentarne presto l’attraversamento, magari in compagnia e, ancor meglio, sotto la guida di esperti speleo sub come Diego, Valerio o Sandro.
Comunque, anche per i non “pinnati”, questa grotta ha, a mio parere, ancora moltissime e fantastiche possibilità di prosecuzione; basta averne voglia e vera passione!
Sento comunque di dover ringraziare tutta l’equipe che mi ha accompagnato in questa esplorazione aiutandomi, anche con sacrificio, a vivere questa fantastica esperienza.
Tengo a sottolineare, che i risultati ottenuti in questa esperienza e in altre simili, non sono mai il merito del singolo, ma di tutta la squadra, e per squadra intendo, non solo chi è arrivato sino al sifone , ma anche coloro che hanno contribuito in altri modi, anche solo con una parola di incoraggiamento, affinché tutto questo fosse possibile.
Solo dieci minuti, un piccolo passo, ma sempre un passo avanti.

By Carlo: alcune foto sono disponibili sul mio spazio flickr personale: http://www.flickr.com/photos/kiarlo

Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia

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