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S’Oghittu…..ma dove vai?
Organizzatore escursione: Andrea Gaviano
Partecipanti: Sabrina, Pierluigi, Ovidio, Fabio, Gianluca, Giacomo, Riccardo, Rosalba, Raffaele, Marzia, Beppe, Laura
Data: 13/12/2009
Tipo: speleo didattica
Grotta: S’Oghittu
Località e comune: Fluminimaggiore (Carbonia Iglesias)
Partecipanti: Sabrina, Pierluigi, Ovidio, Fabio, Gianluca, Giacomo, Riccardo, Rosalba, Raffaele, Marzia, Beppe, Laura
Data: 13/12/2009
Tipo: speleo didattica
Grotta: S’Oghittu
Località e comune: Fluminimaggiore (Carbonia Iglesias)
Sicuramente questa escursione resterà indelebilmente legata al ricordo di Pinocchio.
Lo so i più si chiederanno: ma che c’azzecca?
Andiamo con ordine.
E’ domenica 13 dicembre 2009, finalmente dopo un mese e mezzo posso riprendere le escursioni in grotta, è dalla fine del corso speleo 2009 che a causa di un guaio fisico ero impedito a partecipare alle attività.
Così in una domenica uggiosa di dicembre arrivo, incredibilmente in anticipo per i miei standard orari, all’appuntamento di Assemini all’ex K2.
Certo che vedere un supermercato al posto dell’ex discoteca che mi vide sulle sue piste, mi mette sempre un certo magone, ma questa è un’altra storia di tanti capelli fa.
Arrivano anche gli altri partecipanti, ci contiamo, chi deve venire? chi manca? boh? A qualcuno arrivano sms non firmati di rinuncia. Comunque alle 8.45 chi c’è c’è e pazienza per gli assenti, si fanno gli equipaggi e si parte verso il Tempio di Antas. Finisco nell’auto del Senatore, quale onore sono addirittura nel posto del passeggero davanti.
Arriviamo sul posto, si risolve il problema del parcheggio delle auto optando per la soluzione in curva a poche centinaia di metri dal tempio, ma vicini all’ingresso della grotta. Le operazioni di vestizione si compiono in tempi appropriati ed entriamo, anzi si cerca di entrare, all’ingresso c’è un cancellato metallico che sembra bloccato. Problema di poco conto, con poche e abili mosse da parte delle guide esperte, il cancello non ostacola più il passo.
S’Oghittu ci accoglie con i suoi pertugi e il suo budello di ingresso, a tratti si scivola di natica facilmente verso le profondità, sembra di scendere dentro un intestino, le salette che man mano ci si presentano offrono delle belle concrezioni, purtroppo si nota anche l’attività dei cavatori, stalatiti e stalagmiti gambizzate un po’ dappertutto, anche la fauna non manca, si vedono ragni, pipistrelli che se dormono appesi.
Poi mentre mi appropinquo all’ennesima discesa e cerco un appiglio in una piccola stalagmite, proprio un attimo prima di metterci la mano sopra e usarla a mò di pomello, noto grazie alla illuminazione del casco, un esserino di circa 1,5 cm sotto la mia mano.
Un geotritone mignon, non l’avevo mai visto dal vero, lo saluto e continuo la discesa contento di non averlo spalmato sulla roccia.
Il gruppo si rincopatta in una saletta che ci contiene tutti per una sosta, poi proseguiamo la discesa, in alcuni passaggi sempre più concrezionati spiccano delle bellissime vele e delle eccentriche, in alcuni passaggi dobbiamo far uso delle corde per agevolare la discesa, ma niente di impossibile, non dobbiamo usare gli attrezzi.
Più scendiamo, più la grotta si fa attiva, inizia la presenza dell’acqua. Ci si presentano passaggi stretti dove il contatto con tutto il corpo con l’acqua è inevitabile, ci bagniamo da testa a piedi, si deve strisciare passando dentro pozze, scappa qualche imprecazione, ma si và avanti e camminando ci si asciuga. Anche questa è fatta e potrò raccontarla ai futuri nipoti.
Arriviamo alla fine del percorso possibile e riprendiamo la via del rientro, tutto prosegue nella norma, la risalita richiede un po’ più di energie, soprattutto il dover ripercorrere il budello strisciando di spalle in retromarcia. L’acqua anche dentro le scarpe, inzuppa calze e gli indumenti, ci rende pesanti, occorre far forza sulle gambe, la cintura e le tasche della tuta si incastrano quasi in ogni spuntone, ma alla fine si rivede spuntare la luce del sole.
La sensazione è quasi quella di nascere, ma al contrario….a tal proposito mi vien da pensare che chi per primo ha coniato quella brutta espressione dialettale di scherno, con cui si invita un soggetto a far rientro nell’utero materno, forse era un protospeleologo e magari si trovava proprio in questi anfratti!!!
Comunque usciamo, l’aria aperta fa evaporare le mie teorie etimologiche mentre un timido sole fa capolino tra le nubi e ci aiuta a render meno traumatica la svestizione bordo strada e ad effettuare il cambio del vestiario. Chi più chi meno è nudo, proprio mentre passa un corteo nuziale che si dirige al Tempio Antas forse per le foto di rito.
Dai finestrini delle auto di passaggio si notano le facce basite di persone con l’abito della festa e tirati a lucido che ci guardano come marziani,
E’ facile intuire quel che pensano, per esempio: “Ma chini ca…funti custusu maccusu bistiusu attipu minadori e a culu inforasa in mezzo de s’arruga in su mesi de dicembri??”
Incuranti di tutto ciò, sbrigate le formalità facciamo rotta verso le grotte de Su Mannau dove allestiremo il pranzo.
Giunti sul posto, si uniscono alcuni tavoli dell’area attrezzata e si dà il via alle libagioni, come al solito luculliane, tipiche dello Spano.
Durante la fase di cottura delle carni, il piccolo Enrico che ci ha raggiunti con i genitori all’uscita da S’Oghittu, per nulla intimidito dall’essere al centro delle attenzioni e istigato da molti a cantare qualche canzoncina, sale su una roccia a mò di palcoscenico e attacca con una strofa della sigla del cartone animato di Pinocchio, per chi se la fosse scordata: “Pinocchio ma cosa fai?” (ad libitum).
Da buon bambino fà il suo mestiere e nessuno si lamenta.
Tuttavia, le richieste, i tentativi di far cambiare canzoncine e sigle si rivelano vani e restano inascoltati.
E una, e due, e 40, insomma la strofa viene reiterata all’ennesima potenza, alimentando l’allegria e la goliardia del gruppo anche con svariati adattamenti e variazioni sul tema.
Le carni nel mentre cuociono, vengono mangiate e nel mentre giunge l’ora di far rientro alle proprie case, baci e abbracci di commiato e via in macchina verso l’ex K2 a recuperare le vetturette.
E’ stata una bella gita, la grotta è stata pittichedda ma cazzuta e belliscedda, un grazie ai mitici istruttori per la disponibilità e la pazienza.
Lo so i più si chiederanno: ma che c’azzecca?
Andiamo con ordine.
E’ domenica 13 dicembre 2009, finalmente dopo un mese e mezzo posso riprendere le escursioni in grotta, è dalla fine del corso speleo 2009 che a causa di un guaio fisico ero impedito a partecipare alle attività.
Così in una domenica uggiosa di dicembre arrivo, incredibilmente in anticipo per i miei standard orari, all’appuntamento di Assemini all’ex K2.
Certo che vedere un supermercato al posto dell’ex discoteca che mi vide sulle sue piste, mi mette sempre un certo magone, ma questa è un’altra storia di tanti capelli fa.
Arrivano anche gli altri partecipanti, ci contiamo, chi deve venire? chi manca? boh? A qualcuno arrivano sms non firmati di rinuncia. Comunque alle 8.45 chi c’è c’è e pazienza per gli assenti, si fanno gli equipaggi e si parte verso il Tempio di Antas. Finisco nell’auto del Senatore, quale onore sono addirittura nel posto del passeggero davanti.
Arriviamo sul posto, si risolve il problema del parcheggio delle auto optando per la soluzione in curva a poche centinaia di metri dal tempio, ma vicini all’ingresso della grotta. Le operazioni di vestizione si compiono in tempi appropriati ed entriamo, anzi si cerca di entrare, all’ingresso c’è un cancellato metallico che sembra bloccato. Problema di poco conto, con poche e abili mosse da parte delle guide esperte, il cancello non ostacola più il passo.
S’Oghittu ci accoglie con i suoi pertugi e il suo budello di ingresso, a tratti si scivola di natica facilmente verso le profondità, sembra di scendere dentro un intestino, le salette che man mano ci si presentano offrono delle belle concrezioni, purtroppo si nota anche l’attività dei cavatori, stalatiti e stalagmiti gambizzate un po’ dappertutto, anche la fauna non manca, si vedono ragni, pipistrelli che se dormono appesi.
Poi mentre mi appropinquo all’ennesima discesa e cerco un appiglio in una piccola stalagmite, proprio un attimo prima di metterci la mano sopra e usarla a mò di pomello, noto grazie alla illuminazione del casco, un esserino di circa 1,5 cm sotto la mia mano.
Un geotritone mignon, non l’avevo mai visto dal vero, lo saluto e continuo la discesa contento di non averlo spalmato sulla roccia.
Il gruppo si rincopatta in una saletta che ci contiene tutti per una sosta, poi proseguiamo la discesa, in alcuni passaggi sempre più concrezionati spiccano delle bellissime vele e delle eccentriche, in alcuni passaggi dobbiamo far uso delle corde per agevolare la discesa, ma niente di impossibile, non dobbiamo usare gli attrezzi.
Più scendiamo, più la grotta si fa attiva, inizia la presenza dell’acqua. Ci si presentano passaggi stretti dove il contatto con tutto il corpo con l’acqua è inevitabile, ci bagniamo da testa a piedi, si deve strisciare passando dentro pozze, scappa qualche imprecazione, ma si và avanti e camminando ci si asciuga. Anche questa è fatta e potrò raccontarla ai futuri nipoti.
Arriviamo alla fine del percorso possibile e riprendiamo la via del rientro, tutto prosegue nella norma, la risalita richiede un po’ più di energie, soprattutto il dover ripercorrere il budello strisciando di spalle in retromarcia. L’acqua anche dentro le scarpe, inzuppa calze e gli indumenti, ci rende pesanti, occorre far forza sulle gambe, la cintura e le tasche della tuta si incastrano quasi in ogni spuntone, ma alla fine si rivede spuntare la luce del sole.
La sensazione è quasi quella di nascere, ma al contrario….a tal proposito mi vien da pensare che chi per primo ha coniato quella brutta espressione dialettale di scherno, con cui si invita un soggetto a far rientro nell’utero materno, forse era un protospeleologo e magari si trovava proprio in questi anfratti!!!
Comunque usciamo, l’aria aperta fa evaporare le mie teorie etimologiche mentre un timido sole fa capolino tra le nubi e ci aiuta a render meno traumatica la svestizione bordo strada e ad effettuare il cambio del vestiario. Chi più chi meno è nudo, proprio mentre passa un corteo nuziale che si dirige al Tempio Antas forse per le foto di rito.
Dai finestrini delle auto di passaggio si notano le facce basite di persone con l’abito della festa e tirati a lucido che ci guardano come marziani,
E’ facile intuire quel che pensano, per esempio: “Ma chini ca…funti custusu maccusu bistiusu attipu minadori e a culu inforasa in mezzo de s’arruga in su mesi de dicembri??”
Incuranti di tutto ciò, sbrigate le formalità facciamo rotta verso le grotte de Su Mannau dove allestiremo il pranzo.
Giunti sul posto, si uniscono alcuni tavoli dell’area attrezzata e si dà il via alle libagioni, come al solito luculliane, tipiche dello Spano.
Durante la fase di cottura delle carni, il piccolo Enrico che ci ha raggiunti con i genitori all’uscita da S’Oghittu, per nulla intimidito dall’essere al centro delle attenzioni e istigato da molti a cantare qualche canzoncina, sale su una roccia a mò di palcoscenico e attacca con una strofa della sigla del cartone animato di Pinocchio, per chi se la fosse scordata: “Pinocchio ma cosa fai?” (ad libitum).
Da buon bambino fà il suo mestiere e nessuno si lamenta.
Tuttavia, le richieste, i tentativi di far cambiare canzoncine e sigle si rivelano vani e restano inascoltati.
E una, e due, e 40, insomma la strofa viene reiterata all’ennesima potenza, alimentando l’allegria e la goliardia del gruppo anche con svariati adattamenti e variazioni sul tema.
Le carni nel mentre cuociono, vengono mangiate e nel mentre giunge l’ora di far rientro alle proprie case, baci e abbracci di commiato e via in macchina verso l’ex K2 a recuperare le vetturette.
E’ stata una bella gita, la grotta è stata pittichedda ma cazzuta e belliscedda, un grazie ai mitici istruttori per la disponibilità e la pazienza.
Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia