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In Supramonte, a caccia di buchi!

ATTIVITÀ: Esplorazione
DATA: 16/05/2009
COMUNE: Baunei
LOCALITÀ: Serra Pirisi
CAVITÀ, GOLA, O SENTIERO: buchi vari
PARTECIPANTI: Lucio Mereu, Maria Cristina Floris, Riele Mereu, Andrea Rinaldi

“Sai cara, domani vado con dei compagni del gruppo speleo in Supramonte”. “Oh, bene. Che grotta andate a vedere? È bella?”. “Grotta? No, in effetti andiamo a caccia di buchi”. Sguardo interlocutorio, tra il ‘è pazzo’ e il ‘mi stai prendendo in giro?’. “Buchi? Ma di che buchi parli?”. “Buchi cara, buchi soffianti”. Altro silenzio, molto sonoro, che diceva chiaramente ‘OK, è completamente andato!!’.
Va bene, è un po’ romanzata, ma non è stato davvero semplice spiegare a qualcuno privo di qualsiasi nozione di speleologia che la ricerca di cavità sotterranee si può condurre anche così, andando a cercare ‘buchi soffianti’. Correnti d’aria di varia intensità vengono infatti espulse da cavità a seguito di movimenti di acque sotterranee, o per differenze di temperatura dell’aria tra esterno e interno della cavità stessa. E chi se ne intende asserisce che, in esplorazione speleo, conviene sempre seguire le vie d’aria piuttosto che le vie d’acqua.
La nostra piccola avventura inizia di buon mattino (in effetti poco dopo l’alba, sigh sigh!), ritrovandoci tutti davanti casa di Lucio, nostra guida e leader maximo. Siamo quattro, quindi basta una macchina, anche se vista l’incredibile mole di materiale che ci tiriamo dietro siamo ai limiti della capienza. Dopo una rapida sosta caffé a San Gregorio ci dirigiamo spediti lungo l’Orientale Sarda fino a Urzulei, dove ancora riecheggiano i fasti del raduno internazionale. Si discute tra noi dell’organizzazione e della buona riuscita dei lavori presentati dal GSAGS. Superato il paese, puntiamo su Fennau, nella zona di S’Iscra Olidanesa, dove dobbiamo recuperare del materiale che ci servirà per lo scavo odierno. Lungo strada ci fermiamo a buttare uno sguardo a ‘l’Edera’ (se non sbaglio, il nome completo è ‘Sa Rutta’e s’Edera’), grande e importante cavità che si apre con una diaclasi che sfocia in superficie di fronte ad un masso ricoperto da una rigogliosa pianta d’edera (da cui, immagino, il nome). Sembra che non ci sia acqua, e quindi si potrebbe entrare, sentenzia Lucio, facendoci venire a tutti l’acquolina. Ripercorre con la memoria il giorno in cui lui e Jo De Waele hanno trovato il passaggio che, superando una frana ritenuta per decenni il termine della grotta, ha aperto la strada per nuovi, estesi percorsi.
Il materiale da recuperare si trova nella cavità ‘Nautilus’, ed io e Maria Cristina ne approfittiamo per dare uno sguardo intorno. Un bel geotritone ci scruta perplesso. Poco più sotto un paio di ragni stupendi, con un grande addome globiforme ed opalescente. In questa zona stanno scavando anche degli speleologi francesi di Lione. Un pastore si ferma a vedere che facciamo e a scambiare due chiacchiere. È alquanto informato sulle esplorazioni speleologiche in corso nella zona.
Lasciata Urzulei giungiamo rapidamente in territorio di Baunei, a Serra Pirisi, il ‘regno’ di Lucio, e nostro territorio di caccia. Fermiamo la macchina in prossimità di un torrentello che si infiltra rumorosamente sotto la roccia calcarea, lasciando intuire la presenza di un inghiottitoio di dimensioni non trascurabili. Proprio sopra questo punto si apre il principale cantiere di disostruzione della zona, portato avanti da almeno due anni da Lucio, Riele e Maria Cristina. Si tratta de ‘Le due Lame’, una fessura soffiante che affonda nel terreno per una decina di metri. Nel frattempo si è già fatta ora di pranzo, e dopo un rapido pasto, Maria Cristina ed io entriamo per controllare la situazione e prendere dei recipienti per lo scavo che stiamo per cominciare. Cristina mi illustra le posizioni che devono assumere in questo spazio angusto per condurre il lavoro, rigorosamente suddiviso tra chi fisicamente scava, chi lo aiuta a liberare il materiale di risulta, e chi lo ‘smaltisce’, e mi spiega che possono andare avanti anche per 4-5 ore di fila. Inizio ad intuire che definire questo tipo di attività ‘dura’ è un eufemismo, e non posso che ammirare lo spirito di abnegazione ed il coraggio di questi ‘disostruttori’. Solo chi è trascinato dalla passione può spendere il proprio tempo e le proprie energie in questo modo, senza risparmiarsi, senza arrendersi alla prima difficoltà, e l’esplorazione è passione allo stato puro.
È con questa luce vivace negli occhi che Lucio, Riele e Cristina letteralmente si gettano sul buco che oggi costituisce la nostra meta. Si trova dall’altra parte della strada, a pochi metri da ‘Le due Lame’, ed era già stato segnato in visite precedenti. Dimensione: max 10 cm di diametro! {mosimage} Guardo incredulo mentre Lucio testa il flusso d’aria, comparandolo con quello che soffia da altri pertugi vicini. Appurato che questo ‘tira di più’, si da il via alle danze. Lucio ha estratto dalla macchina una quantità di materiale che farebbe invidia alla società ‘Ponte sullo Stretto di Messina’, e con quello si scava. Il terreno è cedevole, slegato, e il buco si allarga rapidamente appena tolte alcune pietre. La tensione cresce. Si sogna ad occhi aperti di dare un colpo e vedersi spalancare un pozzo di 20-30 metri. C’è molta terra, però, che rallenta e ostacola. Stiamo attenti a non ostruire il camino da dove filtra l’aria, usando i sacchi e delle buste come tappi. Continuiamo a scendere. Riele è una specie di caterpillar, e scava con una foga ed una sapienza invidiabili. Cominciamo a doverci organizzare per sistemare al meglio il materiale estratto. È una bella giornata di sole e fa caldo, ma per fortuna siamo proprio sotto l’ombra di un grande ginepro.
Ad un certo punto, quando la fossa è già profonda un metro e più, la strada è sbarrata da una pietra enorme, pesante almeno 300 Kg. “Niente paura”, dice Lucio. E con due carrucoline, una maniglia, un kroll, un paio di PLG e una corda ti organizza in quattro e quattr’otto un paranco con il quale riusciamo a sollevare la pietra quanto basta per spostarla di lato, fuori dalla buca. Fantastico! “Questo tipo di paranchi li usiamo nel soccorso”, dice Lucio. {mosimage} Intanto si va delineando la struttura che stiamo disostruendo. Appaiono delle piccole vele, e una parete calcarea massiccia e compatta, che decidiamo di seguire. Verso il basso, of course. Il miraggio del pozzo ‘tutto e subito’ è oramai svanito, ma ‘il buco di Andrea’ o ‘la faglia di Andrea’, come è stato prontamente soprannominato lo scavo (personalmente preferisco la seconda versione!) promette comunque qualcosa, e vale la pena di approfondire. Lo scavo continua. Lucio fa due passi li intorno e scopre altri buchi, uno dei quali profondo almeno cinque metri! Entro in quest’ultimo, e in fondo trovo un grande geotritone, con una sanguisuga tra la coda ed il dorso. Torno allo scavo. Riele quasi non si vede più, sprofondato nella nostra ‘creatura’, che ora misura quasi 2,5 metri di profondità e almeno 1,5 in diametro. Ogni tanto, Lucio scende a controllare la direzione da seguire, e a verificare se il flusso d’aria persiste.
Alle sei di sera Cristina richiama tutti all’ordine. Dobbiamo smobilitare, mangiare e ritornare a casa, che non è vicina. Il primo incontro-scontro è terminato, ci piace pensare uno a zero per noi: palla al centro. Fissiamo una targhetta all’imboccatura della fossa (o grotta in erba?), e accendiamo il fuoco per concederci un meritato sollievo gastronomico. Mentre mangiamo, Lucio ci dice che secondo lui in zona esiste qualcosa di grosso, un sistema sotterraneo di dimensioni importanti, tutto da scoprire, del quale questi buchi soffianti potrebbero rappresentare piccoli sbocchi. Sulla strada del ritorno, ci indica con il dito la posizione di alcune delle innumerevoli cavità della zona, alcune delle quali, come Lovetteccannas (oltre 6 Km di sviluppo), scoperte proprio grazie a questo tipo di esplorazioni ‘buco-guidate’. Arriviamo a Cagliari verso mezzanotte.
Giornata intensa, in tutti i sensi. Per quanto mi riguarda, la scoperta c’è stata, a prescindere dall’esito immediato dell’esplorazione, comunque positivo. Ho infatti scoperto un modo affascinante e per me del tutto insospettato di fare speleologia. E, soprattutto, ho percepito dai miei compagni quale incredibile gioia e soddisfazione può regalare una vera scoperta, una di quelle costate litri e litri di sudore, ma in grado di ripagare con gli interessi.

La battuta migliore della giornata.
Riele, eccitato, pochi minuti dopo l’inizio dello scavo: “Sento scorrere l’acqua!”.
Lucio: “È tutta la saliva che stai facendo cadere nel buco!”.

Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia

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