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La Radice
DATA: Domenica 14 Dicembre 2003
COMUNE: Iglesias (CA)
LOCALITA’: Corongiu de Mari
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Grotta "La Radice"
ORGANIZZATORE DELL’USCITA:
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Andrea Cincotti, Marco Mattanta, Karlo Takkori, Alfredo, Giancarlo e Lara
Ci incontriamo Domenica mattina alle 7e30 in P.za Del Carmine, non dobbiamo fare molta strada ma vorremmo rientrare presto a Cagliari per impegni vari di alcuni di noi, tanto la grotta dovrebbe essere molto breve. Siamo tutti pronti, attrezzatura personale completa, sacchi, scaletta, corda, cordini, anelli, moschettoni…. monografia di Antheo, piantina dell’ubicazione e rilievo della grotta, ma soprattutto siamo forti dei suggerimenti del nostro Jo De Waele che mercoledi in sede ci ha indicato la Radice come una grotta molto interessante con la sola difficoltà di una diaclasi iniziale piuttosto selettiva ma alla nostra portata. Partiamo!
Arriviamo all’ingresso dell’acquedotto ai piedi di Cuccuru tiria e veniamo
accolti da un branco di pinguini che cercano di scaldarsi stringendosi a noi. La nostra vestizione viene accelerata non poco dalla temperatura esterna, prepariamo anche i sacchi e, dopo aver tolto il ferro da stiro e il forno a microonde portati da Lara (non si sa mai), poco dopo siamo tutti pronti per andare alla ricerca della nostra diaclasi. Ci infiliamo nella recinzione dell’acquedotto e dopo pochi metri, alla fine della curva ci buttiamo tra i rovi seguendo le indicazioni della piantina. Ricerca non propriamente agevole, ma alla fine Marco si imbatte in una fessura lunga e stretta (non per niente ce l’ha indicata Anima Longa…) è lei!
A vederla dall’alto sembra bruttina ma tutto sommato fattibile. Marco si prepara e posiziona la corda sfruttando un armo naturale e uno spit esistente. Si cala col discensore e dopo meno di un metro si ferma col sedere incagliato e il discensore in posizione intercostale. Dopo qualche minuto di tentativi infruttuosi rinuncia momentaneamente per lasciare il posto a Carlo. Carlo lo conoscete tutti, magro come un chiodo e piuttosto agile, nonostante tutto fatica un po’ ad entrare, forse più per il fastidio dato dall’imbrago che altro. Tocca a Lara che scende abbastanza agevolmente. Riprova Marco, questa volta senza attrezzatura, dopo molti sforzi e contusioni riesce a entrare. E’ il mio turno, provo a scendere con imbraco e attrezzi montati e puntualmente mi incaglio poco sopra le cosce, riproverò più tardi ma già comincio a valutare con Giancarlo l’ipotesi di andare a funghi….
Prova Alfredo, noto amante di diaclasi e strettoie (!), superato il primo punto difficile inizia a ricordare a tutti noi la sua passione per i luoghi angusti e come è felice di trovarsi li…..esce fuori come un missile, si toglie l’imbrago, arma la scaletta e riesce a entrare mugugnando qualcosa di incomprensibile. Riprovo io mentre Giancarlo fa il tifo perché non ci riesca per andare a funghi, ma senza imbrago entro tutto sommato agevolmente. Giancarlo trovatosi da solo fuori non trova di meglio da fare che seguirci dentro.
Ci raduniamo all’interno e cominciamo a girare la grotta seguendo il rilievo. E’ una grotta piccoletta, 500 metri circa lo sviluppo, piuttosto facile ma piena zeppa di cunicoli sviluppati come un labirinto che ti riportano sempre nel punto iniziale. Dopo un paio d’ore di girotondo facciamo una sosta spuntino e sbraniamo i due chili di mandaranci che Lara è riuscita ad infilare di nascosto nel sacco, non erano un granché pestati dai calci che Marco ha dato al sacco per farlo passare, ma ci stavano proprio bene in quella situazione! A questo punto ci rendiamo conto che i numeri segnati sul rilievo non hanno niente a che vedere coi punti di rilievo segnati in verde sulla roccia, cerchiamo così di orientarci con quel che vedevamo e partiamo alla ricerca del secondo ingresso, una sorta di camino riportato sul rilievo. Forse lo troviamo, forse no, tutto sommato visto che sinora abbiamo visto solo fango e sabbia decidiamo di fregarcene abbondantemente perché è quasi ora di pranzo. Secondo ingresso a parte ci manca da esplorare ancora un settore, la parte attiva della grotta, quello per cui vale la pena entrare alla Radice. Trovato il passaggio ci rendiamo conto che da quella strettoia qualcuno di noi non può passare, Giancarlo Marco ed io restiamo ad aspettare fuori mentre gli altri si godono le bellezze ipogee sino a che non scorgono un grosso topo in mezzo all’unico passaggio tra le vaschette, per coincidenza decidono che è ora di rientrare. Torniamo tutti alla base dell’amata diaclasi e il primo a farsi avanti è Carlo, armato di imbrago, croll e buona volontà. Si infila nel primo tratto in salita, forse il più difficile anche se meno stretto di quello in superficie. Va avanti agitandosi come se una tarantola avesse deciso di banchettare coi suoi genitali e io dal basso cerco di inseguire i suoi piedi coi gradini della scaletta. Riesce a salire con immane fatica maledicendo l’istante in cui ha pensato di mettersi il croll per sicura. Si prepara Lara, che sulla base dell’esperienza (di Carlo) va su senza attrezzatura. Anche per lei le difficoltà non mancano e si incastra più volte in una posizione che per noi che stavamo sotto non era del tutto spiacevole. Anche lei riesce a venirne fuori. Tocca a quel fuscello di Marco incastrarsi quasi subito e penare per una buona mezz’ora cercando di disincastrare il sedere, le costole, il casco….. mentre io da sotto continuavo a "ghisarmi" le braccia reggendo la scaletta e Alfredo e Giancarlo spingevano i suoi piedi sui gradini. Uscito Marco, Alfredo decide che è venuto il suo momento e sale su in maniera fulminea con una tecnica personalissima dettata forse più dalla disperazione che dall’esperienza….
Finalmente tocca a me, ascolto i consigli di Carlo e vado senza attrezzatura, mi incaglio quasi subito, le provo tutte! Provo anche a salire tenendo la scaletta molto lateralmente cercando di infilarmi nella diaclasi di fianco quasi orizzontalmente (forse speravo che la diaclasi non si accorgesse di me e mi lasciasse passare….), ma ogni tentativo mi portava ad incastrarmi in un modo nuovo e se riuscivo a salire di dieci centimetri scendevo di venti perché non raggiungevo la scaletta in maniera decente. Scendo, mi tolgo la giacca della tuta (una meravigliosa tuta da operaio aeroportuale in due pezzi con salopette…) smonto il mio elettrico dal casco e mi faccio calare una cintura con un croll e un pettorale. Riprovo, gia da subito è chiaro che sarà un culo disumano! Sono alto 1,83 e peso più di 90 chili, non riesco a spingermi con le gambe perché sono troppo lunghe e non ho spazio per piegarle, provo a salire di braccia mentre Giancarlo da sotto fa una fatica pazzesca per aiutarmi e cercare di non farsi schiacciare le mani dai miei stivali (senza riuscirci sempre…). Dopo dieci minuti pazzeschi sempre nella stessa posizione, col croll che lavora storto e si blocca, con la cintura che mi stritola le costole e quella maledetta salopette che si impiglia ovunque, sono distrutto! Mi lancio in qualche colorita esclamazione (più tardi Carlo crederà di vedere una stella cadente, era il Padreterno con un paracadute…..) e provo a pensare a come cacchio uscire da quella situazione di merda. Valuto le opzioni:
1 restare li, la scarto subito perché non mi sembra un granché;
2 far chiamare i soccorsi, troppo complicato;
3 torno giù e resto li, non è un granché neanche questa;
4 continuo a provarci, ma chi ce la fa?
Decido di chiedere aiuto agli altri di fuori. Mi calano una maniglia ma con le braccia non riesco ad appendermi e la pedalina era inutilizzabile. Mi calano allora un pezzo di corda con un moschettone che aggancio alla pedalina della maniglia la cui longe è fissata alla mia cintura. Provano a tirarmi dall’alto ma non è facile, peso troppo e sono incastrato. Proviamo a coordinarci, quando io raggiungo una posizione in cui posso spingere un minimo e tirarmi con le braccia grido "tiraaaaaa". Piano piano riesco a fare qualche centimetro ma è massacrante, dove non sono contuso sono raschiato dalla roccia e la cintura mi si conficca sempre più sotto le ascelle. Comincia a non arrivarmi più il sangue alle braccia. Il destro non ha più forza e il sinistro ogni tanto devo abbassarlo per riposarlo, ma non ho spazio neanche per questo! Intanto sopra si stanno ammazzando per reggermi e Giancarlo da sotto continua a cercare di aiutarmi con la scaletta. Là fuori si organizzano un paranco umano con Carlo che sta a cavalcioni della diaclasi con un croll appeso all’imbrago con cui fa scorrere la corda quando abbassa le gambe per poi tirarmi alzandosi…. Un incubo! Non ne vengo più fuori! Ogni dieci centimetri guadagnati devo chiedere di fermarsi perché la cintura mi stritola….. Mi tirano fuori!!! Striscio fuori come un lombrico e poco dopo Giancarlo è gia incastrato sotto di noi. E’ stremato anche lui, ha retto quella scaletta mentre io stavo su e non ha più forza nelle braccia. Carlo è di nuovo il paranco umano e piano piano esce anche Giancarlo. Che esperienza di merda! Sono le 16.
Disarmiamo e andiamo a fare un pranzetto in stile GSAGS che teminerà alle 19 circa e cui seguirà una cioccolata calda nel primo bar sulla 130.
Che dire? GRAZIE CARLO, GRAZIE ALFREDO, GRAZIE MARCO, GRAZIE GIANCARLO, GRAZIE LARA.
Cosa ho imparato? A sottovalutare sempre le mie capacità in grotta e soprattutto a non chiedere mai mai mai un consiglio a Jo De Waele J
Categoria: Attività, Speleologia