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Tacchi di Tertenia
ATTIVITA’: Speleologica;
DATA: 23 Nov. 2003;
COMUNE: Tertenia;
LOCALITA’:
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Cavità non censite;
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Jo De Waele;
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA Jo De Waele, Lucio Mereu, Valentina Pisu.
DATA: 23 Nov. 2003;
COMUNE: Tertenia;
LOCALITA’:
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Cavità non censite;
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Jo De Waele;
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA Jo De Waele, Lucio Mereu, Valentina Pisu.
Inizialmente, quella di questo fine settimana, doveva essere un’escursione alla grotta di Lovettecannas ma, date le condimeteo molto piovose dei giorni precedenti, che avrebbero portato quasi sicuramente all’allagamento d’alcuni passaggi, abbiamo optato, anche per non deludere la nostra Valentina P. (per intenderci la nostra potente nuova leva di quest’anno), a cui avevamo promesso esplorazioni tutta avventura, per alcune cavità nella zona dei tacchi di Tertenia.
L’escursione prevedeva l’esplorazione e il rilievo di una serie di cavità facenti parte di una lunga frattura dovuta allo scollamento del tratto del tacco prospiciente una falesia di un centinaio di metri.
Cavità che erano state trovate da altri speleologi del nostro gruppo, tra cui Luchino, Jo e Marcello, solo in parte esplorate, ma mai rilevate né messe a catasto.
Dopo l’avvicinamento alla zona presunta delle cavità, compiuto sotto una noiosissima pioggerellina, abbiamo trovato un primo buco, presumo non facente parte della frattura di cui parlavo giacché ancora troppo lontano, che presentava tracce di uno spit, segno questo, di una precedente esplorazione.
Eseguito l’armo, sono sceso per una decina di metri in una diaclasi piuttosto angusta ma abbastanza agibile, fermandomi su un pianerottolo ad aspettare le discese di Valentina e Jo.
Sono poi calato ancora di una decina di metri, ma la diaclasi si faceva troppo stretta per valere il sacrificio di un’ulteriore discesa, considerato che vedevo chiaramente il fondo cinque metri sotto di me. Ai lati la diaclasi proseguiva, ma non era per gli esseri umani.
Rileviamo la cavità e quindi escono sia Jo che Valentina.
Non sto a raccontarvi cosa non ho dovuto fare per "scozzarmi" da quella spaccatura dove mi ero andato ad infilare. So che mi sono fatto un mazzo solo a togliermi il discensore e fare il cambio degli attrezzi per risalire. Comunque, a costo di una mano tutta scrostata, sono finalmente uscito fuori e messo una bella "croce" sul quel buco. Dirla così, può sembrare che siamo pentiti d’esser scesi in quel pertugio, che tutto sommato non portava a niente, ma, credetemi, non è stato così.
Innanzi tutto perché questa è stata la prima escursione esplorativa di una nuova leva, e poi perché sono impagabili quegli attimi di forte emozione che si provano nell’avventurarsi in posti e situazioni di cui non sai niente o, perlomeno, molto poco. Questo è lo spirito dell’avventura e della stessa speleologia.
Visitata questa cavità, ci siamo spostati di circa mezzo chilometro fino ad incontrare la famosa frattura da scollamento. Lì la situazione era completamente diversa, in quanto le cavità incontrate erano tutte molto profonde e piuttosto ampie. Tutte da esplorare e rilevare eccetto una che era stata in parte gia vista.
Decidiamo di scendere proprio in quest’ultima per completare il lavoro. Armammo su un albero sovrastante la voragine e scendemmo su un primo ripiano dove attrezzammo, ancora su naturale, per superare il salto principale, dopo un frazionamento, ad un paio di metri dalla partenza.
Sul fondo, siamo avanzati per un bel tratto; a volte disarrampicando, a volte armando dei piccoli saltini, sempre tra pareti altissime alla cui sommità s’intravedeva qualche minuscolo sprazzo di cielo, dove il tetto, lontanissimo, era sprofondato. In corrispondenza di uno di questi spicchi d’azzurro, una capra, non da tanto, aveva pagato a caro prezzo l’essersi avventurata in quei pressi pericolosi, dove probabilmente l’erba era più verde.
Terminata l’esplorazione, non perché la cavità finiva, ma perché sarebbe stato necessario risalire armando in artificiale, abbiamo proceduto con i rilievi a cui, anche la nostra intrepida e promettente Valentina ha dato per la prima volta il suo contributo, iniziando così a formare la sua esperienza anche in questa materia.
Era già ormai troppo tardi per procedere all’esplorazione delle altre cavità, quindi, anche se a malincuore decidemmo di rientrare. Arrivammo all’auto che ormai era già quasi buio. Ci lavammo e cambiammo in vista della cena che ci attendeva, visto anche che avevamo saltato il pranzo. Per cenare andammo verso la chiesetta campestre di S. Antonio, dove in comodi box, con tettoia e attrezzati di caminetto, non prima d’aver rotto le balle ad una coppietta che lì si era infrattata per poter " chiacchierare" in santa pace, accendemmo il fuoco, arrostimmo carne e ricordammo la bellissima giornata trascorsa proprio mentre una pioggia, che fastidiosa non era in quanto eravamo al coperto, e che ci aveva saggiamente lasciati in pace durante la fase dell’esplorazione, iniziava a cadere sempre più forte.
Tra un bicchiere di vino e l’altro e tra una cazz..a e l’altra, trovammo persino il tempo di dare, su sua richiesta, un voto sul valore speleologico di Valentina in quella giornata, tenendo chiaramente in considerazione che sta ancora agli inizi.
Le demmo un meritatissimo otto.
Le togliemmo, infatti, due punti per le seguenti motivazioni: il primo, secondo la spiegazione di Jo, perché durante la discesa in corda dell’ultima cavità non è riuscita a centrarmi con un sasso di almeno due chili, che invece m’avrebbe solo sfiorato, e l’altro, le è stato tolto per non montarsi troppo la testa.
In effetti, non diteglielo, ma la povera Valentina, è stata spudoratamente imbrogliata in quanto meritava a pieno titolo un bel nove, e sapete perché?
La mira della famosa pietra non era assolutamente sbagliata, sono stato io che le ho fatto un dispetto spostandomi all’ultimo momento. Povera piccola!!
L’escursione prevedeva l’esplorazione e il rilievo di una serie di cavità facenti parte di una lunga frattura dovuta allo scollamento del tratto del tacco prospiciente una falesia di un centinaio di metri.
Cavità che erano state trovate da altri speleologi del nostro gruppo, tra cui Luchino, Jo e Marcello, solo in parte esplorate, ma mai rilevate né messe a catasto.
Dopo l’avvicinamento alla zona presunta delle cavità, compiuto sotto una noiosissima pioggerellina, abbiamo trovato un primo buco, presumo non facente parte della frattura di cui parlavo giacché ancora troppo lontano, che presentava tracce di uno spit, segno questo, di una precedente esplorazione.
Eseguito l’armo, sono sceso per una decina di metri in una diaclasi piuttosto angusta ma abbastanza agibile, fermandomi su un pianerottolo ad aspettare le discese di Valentina e Jo.
Sono poi calato ancora di una decina di metri, ma la diaclasi si faceva troppo stretta per valere il sacrificio di un’ulteriore discesa, considerato che vedevo chiaramente il fondo cinque metri sotto di me. Ai lati la diaclasi proseguiva, ma non era per gli esseri umani.
Rileviamo la cavità e quindi escono sia Jo che Valentina.
Non sto a raccontarvi cosa non ho dovuto fare per "scozzarmi" da quella spaccatura dove mi ero andato ad infilare. So che mi sono fatto un mazzo solo a togliermi il discensore e fare il cambio degli attrezzi per risalire. Comunque, a costo di una mano tutta scrostata, sono finalmente uscito fuori e messo una bella "croce" sul quel buco. Dirla così, può sembrare che siamo pentiti d’esser scesi in quel pertugio, che tutto sommato non portava a niente, ma, credetemi, non è stato così.
Innanzi tutto perché questa è stata la prima escursione esplorativa di una nuova leva, e poi perché sono impagabili quegli attimi di forte emozione che si provano nell’avventurarsi in posti e situazioni di cui non sai niente o, perlomeno, molto poco. Questo è lo spirito dell’avventura e della stessa speleologia.
Visitata questa cavità, ci siamo spostati di circa mezzo chilometro fino ad incontrare la famosa frattura da scollamento. Lì la situazione era completamente diversa, in quanto le cavità incontrate erano tutte molto profonde e piuttosto ampie. Tutte da esplorare e rilevare eccetto una che era stata in parte gia vista.
Decidiamo di scendere proprio in quest’ultima per completare il lavoro. Armammo su un albero sovrastante la voragine e scendemmo su un primo ripiano dove attrezzammo, ancora su naturale, per superare il salto principale, dopo un frazionamento, ad un paio di metri dalla partenza.
Sul fondo, siamo avanzati per un bel tratto; a volte disarrampicando, a volte armando dei piccoli saltini, sempre tra pareti altissime alla cui sommità s’intravedeva qualche minuscolo sprazzo di cielo, dove il tetto, lontanissimo, era sprofondato. In corrispondenza di uno di questi spicchi d’azzurro, una capra, non da tanto, aveva pagato a caro prezzo l’essersi avventurata in quei pressi pericolosi, dove probabilmente l’erba era più verde.
Terminata l’esplorazione, non perché la cavità finiva, ma perché sarebbe stato necessario risalire armando in artificiale, abbiamo proceduto con i rilievi a cui, anche la nostra intrepida e promettente Valentina ha dato per la prima volta il suo contributo, iniziando così a formare la sua esperienza anche in questa materia.
Era già ormai troppo tardi per procedere all’esplorazione delle altre cavità, quindi, anche se a malincuore decidemmo di rientrare. Arrivammo all’auto che ormai era già quasi buio. Ci lavammo e cambiammo in vista della cena che ci attendeva, visto anche che avevamo saltato il pranzo. Per cenare andammo verso la chiesetta campestre di S. Antonio, dove in comodi box, con tettoia e attrezzati di caminetto, non prima d’aver rotto le balle ad una coppietta che lì si era infrattata per poter " chiacchierare" in santa pace, accendemmo il fuoco, arrostimmo carne e ricordammo la bellissima giornata trascorsa proprio mentre una pioggia, che fastidiosa non era in quanto eravamo al coperto, e che ci aveva saggiamente lasciati in pace durante la fase dell’esplorazione, iniziava a cadere sempre più forte.
Tra un bicchiere di vino e l’altro e tra una cazz..a e l’altra, trovammo persino il tempo di dare, su sua richiesta, un voto sul valore speleologico di Valentina in quella giornata, tenendo chiaramente in considerazione che sta ancora agli inizi.
Le demmo un meritatissimo otto.
Le togliemmo, infatti, due punti per le seguenti motivazioni: il primo, secondo la spiegazione di Jo, perché durante la discesa in corda dell’ultima cavità non è riuscita a centrarmi con un sasso di almeno due chili, che invece m’avrebbe solo sfiorato, e l’altro, le è stato tolto per non montarsi troppo la testa.
In effetti, non diteglielo, ma la povera Valentina, è stata spudoratamente imbrogliata in quanto meritava a pieno titolo un bel nove, e sapete perché?
La mira della famosa pietra non era assolutamente sbagliata, sono stato io che le ho fatto un dispetto spostandomi all’ultimo momento. Povera piccola!!
Categoria: Attività, Speleologia